Raggiunge le librerie italiane il 15 febbraio, lo straordinario romanzo d’esordio di Vito di Battista, che la rivista «GQ» ha già segnalato fra i dodici scrittori da seguire nel 2018. Fin dal potente incipit, che come nella migliore tradizione cinematografica dà il sonoro alle scene che inaugurano la storia che sta per essere rivelata, è chiaro da subito che questo romanzo è raccontato da una voce fuori dal comune: incisiva, elegante, raffinata, sicuramente rara da trovare in uno scrittore esordiente.
E siamo doppiamente felici di annunciare questa uscita perché il percorso di Vito di Battista si incastra con la Otago da ben prima che egli cominciasse a collaborare, e poi lavorare, per la nostra agenzia.
Di Battista, infatti, bussa alla porta di Otago come aspirante autore più di due anni fa. Con una raccolta di racconti, prima, e un romanzo, poi. Quel romanzo ha trovato presto una collocazione, nei primi giorni di febbraio dell’anno passato, quando il direttore editoriale di SEM, Antonio Riccardi, ha chiamato in agenzia per dirci che lo stava leggendo e lo avrebbe voluto bloccare subito, dopo solo una ventina di pagine, perché ne era già conquistato.
Un anno dopo, L’ultima diva dice addio è entrato nelle librerie confezionato in una bellissima sovraccoperta patinata, e Vito di Battista si è seduto in pianta stabile a una delle nostre scrivanie per occuparsi dei diritti esteri, dopo un tirocinio e l’apprendistato da aspirante autore. Ha conosciuto, e sta conoscendo, l’editoria da vari punti di vista, e speriamo possa ottenere mirabolanti risultati in entrambi i campi.

Il libro:
È la notte di capodanno del 1977 quando Molly Buck, stella del cinema di origine americana, muore in una clinica privata alle porte di Firenze. Davanti al cancello d’ingresso è seduto un giovane che l’attrice ha scelto come suo biografo ufficiale. È lui ad avere il compito di rendere immortale la storia che gli è stata data in dono. E forse molto di più. Inizia così il racconto degli eventi che hanno portato Molly Buck prima al successo e poi al ritiro dalle scene, lontana da tutto e da tutti nella casa al terzo piano di una palazzina liberty d’Oltrarno, dove lei e il giovane hanno condiviso le loro notti insonni.
Attraverso la maestosa biografia di un’attrice decaduta per sua stessa volontà, L’ultima diva dice addio mette in scena una riflessione sulla memoria e sulla menzogna, sul potere della parola e sulla riduzione ai minimi termini a cui ogni esistenza è sottoposta quando deve essere rievocata. Un romanzo dove i capitoli ricominciano ciclicamente con le stesse parole e canzoni dell’epoca scandiscono lo scorrere del tempo, mentre la biografia di chi ricorda si infiltra sempre più nella biografia di chi viene ricordato.

L’incipit:
«Dimentico sempre tutto quello che avevo deciso di ricordare a perfezione: i finali dei grandi classici, i nomi delle donne più potenti della storia; le notti che pensavo fossero le migliori di tutta una vita e le scadenze dei debiti. La sacrilega verità che la strada migliore sia sempre quella che qualcun altro ha già percorso, quindi bisognerebbe solo imparare a restarsene in silenzio e imitare chi è stato più lungimirante di noi. La realtà che i sogni che si fanno non stanno a indicare nulla più di una casualità di circostanze, ma si finisce comunque col gonfiarli di significati e aspettative che, forse, non avevano alcuna intenzione di sostenere in primo luogo.
A quei sogni e alle loro false promesse abbiamo dato la colpa di ogni nostra delusione, e se cerco di dare un volto ai sogni e alle delusioni non posso che pensare a tutte le ragazze che in questo momento, nelle loro camerette americane, si stanno pettinando i capelli con una lentezza che è tutta intimità e rigore; un tempo, si potrebbe dire piuttosto lontano, Molly Buck è stata sicuramente una di loro.»

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